Scegliere, decidersi di ricercare qualcosa di diverso, decidersi di fare una scelta che, spesso, è infruttuosa o svantaggiosa per se stessi: questa è l’eresia. Scegliere il diverso. Ma perché si sceglie il diverso, ciò che non si allinea né accorda con le regole della società? Non di certo per un capriccio o per un puntiglio; qui non si parla di atteggiamenti antisociali o devianti dell’essere. Qui si parla di quella scelta, volontaria, che porta l’essere a fare qualcosa in relazione ad una sua particolare convinzione, come una sorta di atto volontario che porta l’individuo a decidere di fare o di non fare una determinata cosa. L’essere umano fa questa scelta, quest’atto eretico sostanzialmente per la sua stessa essenza; decide di fare qualcosa di svantaggioso, in alcuni casi, perché sente che è giusto farlo. L’eresia (la scelta) è quell’atto volontario che fa decidere l’uomo forse di fare del bene, di agire con virtù, volendo impiegare una terminologia filosofica. Tuttavia, ci si chiede questo: perché l’essere vuole agire diversamente da come agiscono tutti, da come decide lo stesso senso comune? Nell’uomo esiste qualcosa che non inclina con ciò che è cattivo, con ciò che è turpe o iniquo. Esiste una sua aspirazione o volontà, più o meno forte che vive in ogni essere umano, che gli fa preferire il bello, il giusto, il vero piuttosto che il contrario. Questa disposizione prende il nome di eresia, di scelta. Non seguire, non fare, non agire diversamente dà la definizione, fa dell’uomo un eretico, ossia di chi non si accorda con i modelli che impone la società all’essere. Quando infatti l’uomo non abbraccia questa o quella norma che i costumi del suo tempo vogliono o desiderano un essere umano diverrà per forza di cose un eretico. L’atto eretico quindi è un impulso, un istinto nobile dell’essere che non accetta ciò che gli è imposto, che vive come un rifiuto da parte della sua personalità. La società umana ha sempre sposato, sposa e sposerà i modelli dell’interesse umano, di tutto ciò che persegue i modelli del dare e del ricevere qualcosa in cambio di qualcosa, i modelli del mero egoismo umano. Tuttavia quando nell’uomo vive o si palesa qualcosa che non contempera il calcolo, quando non fa del suo decidere soltanto un ridicolo ritorno economico, si manifesta nell’individualità una disarmonia, dello stupore che lo fa rabbrividire portandolo ad agire diversamente, scegliendo da sé, travalicando ciò che l’altro pensa oppure opina di lui. Questa condizione si può sintetizzare con l’immagine di quella gente che, pur potendo fare i suoi interessi, pur potendo abbracciare questa o quella scelta comoda, ha invece deciso di abbracciare altro. L’eretico, colui che sceglie da sé, è un essere umano che decide di accordarsi con la verità. Ma cos’è questa verità, in fin dei conti? Questa verità è vedere qualcosa che non segue i modelli dell’interesse umano, questa verità è l’immagine di quel Socrate o di quel Giordano Bruno che, pur potendo scegliere di essere come gli altri, decisero invece di fare gli interessi di qualcosa che non assume i contorni del proprio egoismo, del proprio personale vantaggio. Il primo infatti decise di non accettare quella forzatura che veniva dall’alto che voleva che egli accettasse di non fare filosofia, di non educare i giovani a scegliere qualcosa che era diverso dalle opinioni della società. Il secondo, invece, decise di andare contro tutto quello che rappresentava allora l’opinione di moda, scegliendo di seguire l’opinione che gli appariva più vera (anche se egli stesso era al corrente dell’impossibilità di avere una certezza assoluta). La scelta, scegliere il diverso, non scegliere o volere ciò che il senso comune decide come moda, costume o concetto dominante, è in sostanza il manifesto di ogni essere umano più sensibile e intelligente, giacché nello stesso istante in cui un uomo o una donna oltrepassa il pregiudizio, scandaglia il pensiero più in voga nel mondo, vince quelle sovrastrutture imposte come necessità e forzature senza essere prima analizzate, dà lui stesso o lei stessa per primo o per prima vita all’atto eretico. Chi decide di andare controcorrente, chi decide di non vivere secondo i modelli imposti dalla società, chi decide di scegliere piuttosto che accettare ciò che gli è impartito a menadito sin dall’infanzia, decide da sé, decide per se stesso scoprendo qualcosa che dal mondo è taciuto o misconosciuto. Eretica o eretico è quell’essere umano donna o uomo che ricerca, vuole scoprire, vuole conoscere davvero se stesso e il mondo. Eretica è la scelta personale, la scelta che non è vincolata da un guadagno o da un interesse, è la scelta che non dà peso alle mode, alle imposizioni, ai pregiudizi o agli archetipi della società. Eretica è infatti una casa editrice che pubblica poesie senza badare alla rendita economica, ma pubblica sillogi che danno vita, rilasciano delle emozioni, risvegliano qualcosa che alberga in chi non sopporta che sia taciuto il senso, quel bisogno di rivelare all’altro qualcosa di sé. Eretica è una casa editrice che, a differenza della stragrande maggioranza dell’editoria italiana, dà spazio ai giovani autori, dà spazio a quelle idee, a quei sogni, a quelle visioni poco pratiche, poco usuali, a quelle verità non dette, a quel bisogno dell’essere di non cavalcare il guadagno, il calcolo o il proprio tornaconto. Eretica è una casa editrice per quegli autori che fanno la scelta di portare nel mondo qualcosa che il mondo non vuole dire o non accetta, è una casa editrice per lettori che, delusi dalle grandi tipografie italiane (non posso chiamarle case editrici) che sfruttano quel desiderio di conoscere il bello e il vero propalando al pubblico sempre le stesse medesime idee con l’unico senso che loro interessa: il denaro contante. Perciò, Eretica Edizioni, pubblica giovani autori che scelgono di mostrare se stessi, di mostrare le loro debolezze, i loro sogni oppure le loro idee, che sono fuori dagli schemi della società, dagli schemi dell’interesse collettivo e individuale; che sono perciò eretiche o eretici. Eretica pubblica infatti dei quaderni di poesie che quasi sempre non hanno alcuna possibilità di portare a dei ricavi economici, li pubblica solo perché hanno emozionato chi li ha letti, chi li ha conosciuti, con la speranza che quelle delusioni o speranze e sogni (che appartengono più o meno a tutti) arrivino un giorno a qualcuno, e, qualora non arrivano, che lascino nel mondo quella sottile e quanto mai utopica possibilità di poter scegliere, di fare diversamente, da come vuole la società umana, la propria scelta. Eretica Edizioni quindi è la casa editrice di chi sente la necessità di fare dell’arte, di fare qualcosa anche se non c’è un ricavo, anche se non c’è nulla che porti a un ritorno economico, diversamente da come ragionano le grandi tipografie italiane che pubblicano un poeta, in molti casi scadente e senza nerbo letterario, solo perché può portare un guadagno, perché è un personaggio anziché un artista. Nel catalogo della casa editrice di Eretica Edizioni ci sono infatti scrittori, romanzieri, poeti e intellettuali che sposano il diverso, quelle idee nascoste, quelle verità non conosciute o che non si vogliono rivelare, quelle emozioni e quei sentimenti che le grandi tipografie non vogliono far conoscere perché non portano ad alcun guadagno. Io sono un filosofo, uno di questi intellettuali, che pubblica per Eretica, per scelta, per questa casa editrice, per quel bisogno di affermare, rivelare, far conoscere delle verità che altrimenti sarebbero o resterebbero ignote e non conosciute a chi vuol conoscere i precetti della filosofia e della conoscenza, a chi non ci sta a leggere delle opere che non si identificano con chi fa questo mestiere per scelta: a partire dall’editore, passando per l’autore e concludendo con il lettore. Le grandi tipografie italiane, infatti, pubblicano solo ciò che può portare un guadagno, solo ciò che si adatta al mercato del libro, tant’è che non prendono neanche in considerazione le idee, gli ideali, i motivi che spingono a riflettere, a filosofeggiare o a comporre versi, coloro i quali non sono personaggi, non sono amici di gente che conta o più precisamente raccomandati o in grado di smerciare libri come se un libro si pesasse solo in relazione a una monetizzazione spicciola! I libri sono strumenti che racchiudono i sacrifici di anni di studio, di tempo speso a coltivare quello che un libro rappresenta: ossia un mezzo per divulgare emozioni e pensieri, quand’invece le grandi tipografie badano ad un calcolo economico e a un calcolo commerciale. Pubblicano infatti romanzi che possono piacere alla gente intrattenendola, saggi che possono far intascar quattrini, magari compiacendo il lettore, versi che sono agli antipodi di ogni catarsi poetica e della letteratura che si associa al gusto contemporaneo per fare e far giare denaro. Le grandi tipografie, i grandi tipografi se ne fregano altamente del messaggio che contiene l’arte, il loro interesse mira soltanto a mantenere attivi i bilanci di quelle aziende, a pagare e mantenere i lauti stipendi – per lo più – di avvocati e dirigenti, amministratori delegati e impresari che mai forse hanno letto neanche un libro: per loro il libro rappresenta, senza girare troppo intorno alla questione, una merce da mettere in libreria! La gente però, che non conosce niente di tutto ciò che ruota intorno al mercato del libro, va in libreria pensando di acquistare il lavoro di chissà quale uomo illuminato e ispirato, si fida totalmente delle etichette, non si sofferma sugli ideali di un editore, ma acquista (senza badare al significato della verità e della scelta di non accordarsi all’utile, all’egoismo e al guadagno, ma di fare solo dell’arte) quello che si trova in commercio come l’ultimo parto del guadagno e dell’interesse opportunistico. Io ho scelto di pubblicare per Eretica perché ho un sogno, se pubblico per essa è perché credo nell’idea di una personale scelta, credo negli ideali del bello, negli ideali della virtù: quando firmai il primo contratto di edizioni con l’editore della casa editrice non sapevo cosa stessi facendo; con il tempo l’ho compreso. Ossia che è una scelta, un bisogno che vive nell’uomo di discostarsi dall’utile, dal guadagno, dallo sciacallaggio della letteratura per denaro.
Giuseppe Turturiello