Descrizione
Elisa Averna, laureata in Lettere e Filosofia con indirizzo demo-etno-antropologico e specializzata in Conservazione dei Beni Culturali, si occupa di progettazione museologica. Ha pubblicato opere di saggistica e le seguenti opere di narrativa: Prisma (2019), Chiodi di ghiaccio (2020), Pizzi neri e merletti grigi (2020). Sono in corso di pubblicazione L’Aquila d’Oro – Sulle tracce del Quarto Reich (2021) e H.H Figlia della strada (2021).
Dal blog ilclubdelsaperefilosofico –
Inghilterra, seconda metà dell’Ottocento. Miss Sullivan viene mandata da Mrs Lundy, direttrice di un istituto femminile, nel Gloucestershire, per educare le gemelle dei signori Crow e la loro nipotina Nellie, la quale, dopo la perdita del padre, non ha più parlato. Il viaggio verso la terra in cui Estelle ha vissuto l’infanzia e l’adolescenza, verso quel luogo da cui è scappata a seguito di una delusione amorosa, una ferita non ancora rimarginatasi, le fa riassaporare il gusto acerrimo di un dolore implacabile e irreversibile:
«Lì [nel Gloucestershire] visse la sua infanzia e la sua adolescenza. Lì tornò donna e conobbe i sentimenti più appassionati. Lì amò per la prima e unica volta. E proprio da lì fu dolorosamente allontanata per ben tre volte: dapprima da bambina, poi da adolescente e l’ultima volta, la più straziante, da donna in procinto di sposarsi.»
Questa la dinamica narrativa di Romanzo d’estate di Elisa Averna. Sin dalle primissime parole, sin dalle prime pagine, il lettore s’immerge nella storia, ha quasi la percezione di viverla egli stesso, tanta è l’empatia con i personaggi costruiti realisticamente e fedele è lo spaccato della società inglese dell’epoca vittoriana.
Quando giunge alla dimora dei Crow, Miss Sullivan si dedica amorevolmente, ma anche con l’autorità che il suo esercizio richiede, all’educazione delle bambine. Un’impresa ardua, ma non impossibile. E il tentativo di rimuovere – sebbene per pochi istanti – il ricordo del passato è direttamente proporzionale all’intensità del lavoro da svolgere, all’obiettivo di trasformare le “bambine selvagge” in donne squisite e, come desidera il signor Crow, in «figlie che corrispondessero ai canoni di femminilità imposti dagli alti gradi della società».
È quello il modo per sentirsi meno sola al mondo, per non soffrire ancora, per porre fine ai tumulti del cuore: aggrapparsi disperatamente a qualcosa, anche se «nei suoi occhi si leggeva la rinuncia alla vita e la rassegnazione alla solitudine». Non solo, ma traspare anche la convinzione di non poter mai essere felice, di non riuscire mai a provare neppure la più piccola porzione di felicità, di non uscire giammai dal limbo di quelle emozioni soffocate, cosicché il presente sfuma nelle tenebre del passato e la malinconia è sempre più una prigione dalla quale liberarsi non sembra in alcun modo possibile.
La dolcezza di Estelle è palpabile, la delicatezza con la quale si approccia sia alle gemelle, sia soprattutto a Nellie, e non da ultimo agli adulti, regala – grazie allo stile mellifluo e melodico dell’autrice – attimi di leggerezza e spensieratezza, un’evasione che placa i tumulti interiori.
La narrazione s’infittisce con una buona dose di mistero e di suspense, che mantiene alta la curiosità del lettore ormai avvinghiato alle pagine, quando Estelle – con il consenso dei signori Crow, i quali nel frattempo si sono accertati dei progressi verificatisi – manda le tre bambine in vacanza in posti diversi, assegnando ad ognuna il compito di scrivere un diario. In siffatto modo,
«potranno appuntare ciò che vivranno e scambiarsi poi, al rientro della vacanza, i rispettivi diari. Così, avranno modo di confrontarsi e soffermarsi sulle loro differenze. L’una potrà entrare nel mondo dell’altra, conoscere meglio se stessa attraverso le diversità che, di volta in volta, scoprirà di avere rispetto alla gemella. Il punto di vista dell’altra sarà un rivelatore della propria identità.»
Parallelamente, anche Miss Sullivan è presa in questo processo disvelatore di identità. Fa qui la sua comparsa il barone Patterson, un uomo dall’insospettabile tripla vita, un individuo ambiguo sia da un punto di vista della personalità che dei comportamenti, prova ne siano le osservazioni e le riflessioni messe nero su bianco. Da questo momento in poi, la narrazione è affidata al diario delle tre bambine, che raccontano dal loro punto di vista ciò che le accade intorno.
L’acme narrativo si raggiunge quando i rispettivi diari vengono consegnati a Miss Sullivan. Leggendoli, l’istitutrice si ritrova irretita nel suo passato, sempre più ingombrante e soffocante e, a poco a poco, tutti i nodi vengono al pettine.
Nello sbrogliare la matassa, anche il personaggio che a prima vista suscita ribrezzo, in quanto traditore e menzognero, si rivela in seguito magnanimo e anch’egli oltremodo sofferente: «Avete davanti a voi un uomo devastato dal passato, imbruttito dal presente difficile e incline a un futuro diverso.»
Il dualismo menzogna-verità cessa di essere tale là dove la prima è un espediente necessario per evitare un male ancora maggiore e irrimediabile. Il finale è una corsa incontro alla vita, accoglie la speranza di un futuro roseo, migliore, dove il dolore si affievolisce e l’anima gode della “quiete dopo la tempesta”, in cui ogni cosa è tornata al suo posto, magari anche non appagando i desideri di un tempo e risolvendosi in modo tanto imprevisto quanto sorprendente. Un futuro nel quale balugina la fiamma della verità.
Lettura consigliata!
© Antonietta F.