La
Trilogia di Giordano Criscuolo 2016
Nuova Edizione
Una sera, dopo qualche
giorno che il volume di Criscuolo capeggiava al
margine del mio comodino, a mo’ di condimento tra
“Deliri, desideri e distorsioni” di Lester Bangs e
“Infernalia” di Clive Barker, ho preso in mano
questa Trilogia da me acquistata on line, per
curiosità, dato che dello stesso autore avevo
molto apprezzato Il Meraviglioso Vinile Di Penny
Lane e mi sono letto Le Parole Che Non Scrivo. È
durato dalle ventidue all’una e mezza circa. Mi è
successa una cosa singolare leggendolo, cosa che
ovviamente mi è accaduta anche con altre letture,
ma mai con tale frequenza: sdoppiavo le situazioni
narrate dall’autore con le mie. Occupazioni ed
autogestioni, cazzeggi e situazioni giornaliere,
locali, canne e vodka... continua
Il Meraviglioso
Vinile Di Penny Lane 2016
Nuova Edizione
Penny Lane, che ha
da poco perso entrambi i genitori, vive in una
piccola casa di periferia con la nonna. Ha un solo
amico amico, Elleppì, titolare di un negozio di
dischi. Propriò lì, il giorno del suo compleanno,
ruberà un misterioso disco che non avrebbe mai
dovuto ascoltare...
«Agisci d’istinto
Penny Lane, non pensare. Gli animali non pensano,
amano o azzannano spinti da un impulso divino.
Fregatene.»
Il Meraviglioso
Vinile Di Penny Lane 2015
Penny Lane abita in una minuscola
casetta di periferia. Incredibile vero? Sono bastate
queste poche parole perché la tua fantasia prendesse
il sopravvento. Altolà dunque, non staccare le mani
da questo libricino prima che tu possa portarle agli
occhi. Non toccarli o stropicciarli, lasciali così:
increduli, stupiti, stralunati. Ascolta, questo
luogo è proprio come lo stai immaginando (...)
Le Parole Che Non Scrivo di sgionta_dir
Parecchi
anni fa (sei, per l’esattezza) mi è stato
consigliato un libro di un’allora scrittore
emergente che ho praticamente divorato nel giro di
un giorno e di cui ho discusso diffusamente con
l’autore stesso (i social network a volte fanno dei
veri e propri miracoli); l’altro giorno mentre
cercavo di far entrare tutti i miei libri in uno
spazio veramente troppo piccolo per loro mi è
capitato tra le mani e siccome nel lontano 2008 l’ho
definito “Favoloso” eccomi qua.
“Le parole che non scrivo. Una storia d’amore e
chitarre distorte” di Giordano Cruscuolo è il primo
di una trilogia e racconta quel particolare periodo
della nostra esistenza in cui mettiamo in
discussione qualsiasi aspetto della nostra vita (e
dell’esistenza in generale) per cercare di carpirne
un qualsiasi senso.
Manuel è un ragazzo come tutti: passa i pomeriggi in
sala prova ad arrangiare nuovi pezzi, le serate tra
alcool e droga (ok, non è propriamente “come tutti”,
ma vi assicuro che il suo comportamento è simile a
quello di molti ventenni) e le mattine a discutere
con i genitori che non capiscono il suo particolare
stile di vita; ha diviso in mondo in “Rock” e “Pop”,
dove il primo rappresenta il suo stile, la musica
che suona con i suoi amici e la loro vita lontana
dalle convenzioni e dalle mode; il secondo è il
portavoce della società vuota, legata alle apparenze
e alle banconote.
Il protagonista conduce una vita senza mezze misure:
un giorno è felice e si getta in tutta una serie di
voli pindarici, il giorno dopo è depresso e non ha
voglia di parlare con nessuno. Allo stesso modo vive
il suo amore: è innamorato di una ragazza
inafferrabile perché già impegnata, Annalisa, alla
quale dedica tutte le sue canzoni (e una serie di
lettere che forse non spedirà mai) e con cui spera
segretamente di poter condividere un giorno il
proprio futuro.
Il libro è scritto con attenzione e sensibilità,
sicuramente la capacità maggiore dell’autore è stata
quella di essere in grado di descrivere sentimenti,
sensazioni, contraddizioni, amori e perché no, la
consapevolezza, tipici di un’età un po’ particolare;
la musica degli anni ’80 e ’90 ricopre un ruolo
particolare e sembra di sentire strimpellare la
chitarra al mitico Kurt Cobain o sentir cantare
Battiato, Battisti e De André mentre leggiamo.
Probabilmente per me è stato il libro giusto al
momento giusto, perché mi ha dato l’opportunità di
fermarmi a riflettere in un momento particolare
della mia vita: un testo certamente dedicato ai
nuovi ventenni, romantico ma allo stesso tempo privo
di quello sdolcinato romanticismo che spesso ci fa
storcere la bocca, un autore che di certo non si
ferma all’evidenza ma che scandaglia ogni piccolo
aspetto della nostra natura.
L'Ubriacata
Del 97
Recensione da Il Flauto Di Pan
di Sara
Ho conosciuto Giordano Criscuolo
come scrittore, ho letto il suo primo romanzo “Le
parole che non scrivo” in piena adolescenza. Mi
innamorai subito della sua penna al punto che
attendevo con ansia la pubblicazione di ogni sua nuova opera. Non
potevo fare a meno di leggere i suoi libri e di
ritrovarmi, anche solo in minima parte, nelle sue
parole. Mi emozionavo, mi divertivo, mi disperavo,
ero un tutt’uno con i suoi personaggi.
Quando per la prima volta ho recensito un suo
capolavoro “1000 anni con Elide” ho avuto paura,
volevo dire tutto quello che provavo leggendolo ma
mi rendevo conto che era difficile dire qualcosa che
fosse abbastanza per descrivere tutto quello che
permeava dalle pagine. Avevo paura che le mie righe
non fossero all’altezza di quello che Giordano
riusciva a trasmettermi.
Non vi nego che la paura è la stessa che provo oggi
scrivendo questa recensione. Dopo averlo incontrato
anni fa come scrittore lo ritrovo oggi musicista con
l'Ep "L'ubiracata del '97".
Coinvolgente, emozionante, commovente, ho i brividi
sulla pelle quando ascolto le note della sua
chitarra e il suono della sua voce. Ancora una volta
Giordano Criscuolo non si smentisce, rivelandosi un
artista poliedrico e pieno di risorse.
Ascoltare quest’album riporta alla mia mente
immagini familiari, fantasmi che escono direttamente
dalle pagine dei suoi romanzi e mi parlano, mi
raccontano ancora una volta le loro fantastiche
storie, le stesse che ho amato con tutta me stessa.
Le parole dell’autore riportano in un epoca andata,
lontana tanto che sembra non poter tornare mai,
ricordi appannati che lasciano l’amaro in bocca e un
po’ di dolcezza in fondo al cuore. Gli anni ’90
ritornano prepotenti sulla scena e si fanno
ricordare, si insinuano nella mente e sbarrano gli
occhi su fotogrammi che restano appesi alle ciglia
senza voler scendere giù.
I testi sono pura poesia, racconti di vita vera, di
vita vissuta in cui è impossibile non immedesimarsi.
Anche le cose più semplici, le esperienze più banali
diventano storie fantastiche, piene di gioia e di
dolore.
La voce di Giordano rende perfettamente l’idea, le
immagini si creano e si distruggono da sole già al
primo ascolto, nemmeno i testi più ricercati
potrebbero fare di meglio. Le tonalità calde
oscillano ricordando i cantautori più famosi, quelli
che, chi più, chi meno, abbiamo amato tutti. La
prima impressione che ho avuto ascoltando
quest’album è stata quella di un’ottima fusione tra
un romantico Francesco De Gregori e un più amaro
Federico Fiumani con qualcosa in più, qualcosa che
probabilmente non si può ricondurre a nessun altro
se non all’originale e unico autore di questi pezzi.
Se avete voglia di rispolverare vecchi ricordi
ingialliti e di provare nuove emozioni ascoltando un
giovane autore sorprendente e brillante, vi
consiglio l’ascolto di questi cinque brani. Non ve
ne pentirete!
Io, intanto, ritorno a perdermi nelle note che mi
fanno da sottofondo mentre scrivo questo articolo e
ringrazio Giordano per avermi regalato, ancora una
volta, momenti come questi, che mi mettono i brividi
e mi fanno sentire un po’ meno sola in un’epoca che
è forse troppo fredda e si è dimenticata come si
piange ascoltando un assolo di chitarra e passando
le notti al freddo guardando le stelle.
All'Aurora
Sulle Stelle E Altre Storie Del Sottosuolo - Il Nuovo Libro
La
Trilogia Di Giordano Criscuolo
Recensione da I Think Magazine
di Angelica
Scardigno
La
differenza tra libri e musica è praticamente
inesistente.
Se ci si riflette, infatti, la bellezza delle parole
scritte non è altro che un suono che rievoca un
concetto.
Giordano Criscuolo, salernitano, classe 1979,
laureato in discipline letterarie, è conosciuto come
cantautore e scrittore di romanzi schietti, dalla
scrittura fresca e scorrevole, incentrati sul rock e
sull'amore.
La sua prima opera, Le parole che non scrivo, è una
storia d’amore e follia musicale, dove il sentimento
più rock mai esistito (l’amore, appunto) spesso si
ritrova a dover crescere in un contesto
convenzional-pop. In questo romanzo il protagonista
si chiama Manuel, come Manuel Agnelli degli
Afterhours.
A ruota, segue il libro Come su un solco di Morrison
Hotel: Cristiano (il protagonista, che questa volta
prende il nome da Cristiano Godano dei Marlene
Kuntz) vive in un intreccio di amori, gelosie e
musica, i quali creano una maglia strappata e
anticonvenzionale quanto quella che viene ricamata
nel suo terzo romanzo, Mille anni con Elide (qui è
proprio il titolo del libro ad ispirarsi ad una nota
canzone dei Verdena, tratta dall'album Solo Un
Grande Sasso).
Eretico del pop e seguace del rock più graffiante e
raffinato, Criscuolo non segue etichette ma vive e
respira selvaggiamente; aspira all'amore fatto di
dolore e sublime, vive l’alcol come smacchiatore di
pensieri e il rock come poesia ultima, vibrante e
impalpabile.
Per la fortuna di tutti coloro che vivono musica e
romanzi come questo talentuoso autore, I Think, in
collaborazione con Libericipit, ha organizzato un
reading con lo scrittore, che si svolgerà in due
date: una a Barletta e l'altra a Margherita di
Savoia (le date tra gli eventi).
VIDEO
Giacomo Coveri, VJ di Match Music,
parla dei tre romanzi di Giordano Criscuolo nella
sua trasmissione.
1000
Anni con Elide - Il Nuovo Romanzo
Il terzo spumeggiante romanzo di
Giordano Criscuolo
La storia finale...
"L’Aula Magna, dove un giorno Giostrammer
discuterà la sua tesi roccherroll, è un formicaio
multietnico dove però non c’è solidarietà tra i
compagni. E infatti, appena entri, ti trovi
nell’angolo subito a destra il gruppo delle
matricole che ancora non si è formato e che in
questo caos si perde (gente da grembiulino,
insomma). Nell’angolo a sinistra ci sono invece le
santarelle della situazione che parlano di Step,
Babi e si chiamano Giu, Saretta, Principessina,
etta, ina, inettina. Tre metri sopra il cielo ce
le manderebbero per davvero Giostrammer e soci.
Con un calcio in culo. A destra di fronte ci
stanno i secchioni con il loro look alla
Harry-Potter che per ora non hanno ancora imparato
a usare la bacchetta magica (sveglia, fosforini) e
nell’ultimo angolo i drogati, i rockettari e gli
sbandati. Insomma tutti coloro che sono si
intelligenti ma che però non si applicano. E che
nonostante tutto guidano la Facoltà. In culo a
Step e ai fosforini."
Penso che uno dei più
grandi pregi di uno scrittore consista nella
capacità di suscitare emozioni. Giordano Criscuolo
questa capacità la padroneggia molto bene e ce ne
da ampia dimostrazione nel suo “Come su un solco
di Morrison Hotel”.
Voce narrante di questo romanzo è Cristiano, un
ventiseienne che si racconta attraverso un blog di
“maispeis” e una serie di e-mail inviate all’amico
Giovanni.
Una sorta di diario virtuale che, a volte pesca
nei ricordi adolescenziali del protagonista, ma
che più spesso scava nel presente evidenziandone
il male di vivere.
Al centro del suo microcosmo c’è Alice,
l’affascinante violinista con la quale convive.
“Lei non ha difetti. E’ bellissima, profuma di
crema ai micro-oli di frutti e burrocacaco, quando
parla sembra uno spettacolo teatrale firmato
Gaber-Luporini, è sensibile e profonda come la più
bella delle ballate di De Andrè, è dolce e
violenta come Starway to heaven…” (pag. 26).
Così la vedono i suoi occhi da innamorato
regalandogli un idillio che, però, comincia a
franare con l’arrivo di Piero. In principio è solo
un amico comune ma, pian piano, Cristiano si
accorge che ha una particolare intesa con la sua
ragazza, inizia a considerarlo un rivale e sente
vacillare le sue certezze.
In un momento di profonda crisi, affiorano i
ricordi e prepotente emerge la nostalgia per gli
anni dell’adolescenza. La prima vera delusione
d’amore, infatti, lo pone di fronte alla
consapevolezza di essere cresciuto e allo
stordimento che una simile presa di coscienza
comporta.
“Ecco cos’è” scrive Cristiano in un post, “forse
ho davvero bisogno di svestirmi della mia
adolescenza, di mandare in pensione i vestiti che
ho indossato per troppo tempo per il solo gusto di
essere Grunge e che ancora hanno il profumo del
1997, del 1998, del 1999” (pag.21).
A colpire è soprattutto la solitudine di questo
ragazzo che, pur essendo circondato da amici, non
riesce ad aprirsi realmente e a comunicare con
loro.
“E ora a chi parlo del mio male, a chi comunico il
mio dolore? Chi raccoglierà questi sassi e li
infrangerà rendendoli sabbia per farli scivolare
dalle mie mani?” (pag. 47).
L’urlo di dolore viene affidato a un blog,
messaggio in bottiglia nel mare del web, e alla
corrispondenza con Giovanni che, tuttavia, rimane
unilaterale giacché dall’interlocutore non giunge
mai risposta.
Una storia realistica, amara che si tinge di toni
forti quando gli eventi precipitano e, per effetto
di una svolta inattesa, i riflettori si spostano
sul dramma della tossicodipendenza.
Attraverso una narrazione in perfetto equilibrio
tra un linguaggio diretto, dissacrante, che a
tratti rievoca lo stile della “beat generation”, e
una prosa intrisa di poesia, l’autore ci regala
un’esperienza che è sì l’esperienza di un singolo
ma nella quale è facile riconoscersi qualunque sia
la generazione d’appartenenza.
Un romanzo che fa vibrare le corde dell’anima
tanto più perché riesce a trasmettere un gran
senso di speranza poiché, se è vero che ci
racconta di dolore e di morte, è anche vero che,
infine, si rivela un bellissimo inno alla vita.
Le
Parole Che Non Scrivo
Recensione
da SuccoAcido.net
di Claudia Gorgoglione
Un crescendo
assolutamente reale accompagna la lettura di un
testo dal titolo che dice tutto e niente. “Le parole
che non scrivo” lascia inizialmente pensare ad una
sorta di critica nelle abitudini della falsa libertà
di stampa che attanaglia il nostro paese. Prima
impressione, errata. Da qui l'importanza
dell'attenta lettura.
Che si fa appassionata dopo le prime pagine e
diviene quasi una tortura doverla interrompere per
una qualche ragione. E pensiamo a come andrà a
finire, immaginiamo la fine, speriamo che non vi sia
una fine. E ci arrabbiamo con quel protagonista che
in fondo è ognuno di noi. Parole che raccontano una
storia, la storia, le storie. La nostra musica, i
nostri pensieri, le sue sensazioni esattamente le
nostre. E i primi amori, le prime paure che
richiamano le stesse un tempo dichiarate dal buon
Brizzi. Di recensioni positive il Nostro ne ha
ricevute una fiumana. A renderlo possibile, oltre ad
un genere ever green come il suo, una scrittura che
facilmente si presta allo scopo. Formule alternate
di confessioni e diario da cui emergono deliri di
onnipotenza e un'unica ragione di vita alternata: la
musica, o l'amore. Niente di più semplice, niente di
più complicato. Vivere una passione in piena
adolescenza o poco più è una delle condizioni più
complicate e piacevoli allo stesso tempo. Contano
ancora i suoni, i sapori, gli odori. Impressioni.
Paranoie. Dubbi. Scelte. Affrettate, sbagliate.
Confondere la realtà con il non reale, è una tappa
dovuta alla nostra crescita. Dei contorni da
guardare quando non ci sono, o conservarli per
sostituirne altri. Il tutto accompagnato da lei,
nostra signora: la Musica. Testi che restano dentro
e parlano di noi. Parole nate per dar vita ad altre
parole, le nostre. Da rileggere nei momenti più
neri, quando è scomparsa, quando l'abbiamo ma non è
più lei che vogliamo, quando la musica, forse, non
basta più. È una finzione nella finzione, o per
parafrasare espressioni attinte dalla letteratura,
si può parlare di un metalibro. Una storia nella
storia, un libro che si fa tale raccontando di
parole scritte per esorcizzare dei ricordi,
dimenticarli dunque. Ed intanto la scrittura si fa
nemica dell'oblio.
“Come su un solco di Morrison Hotel” (Arduino Sacco
Editore, 2009), il nuovo romanzo di Giordano
Criscuolo, è in stretta relazione con il precedente
“Le parole che non scrivo” (Il Filo, 2008), per i
temi affrontati e per la passione che impregna
queste candide pagine di inchiostro.
Il protagonista, Cristiano, è un blogger. Racconta
la sua vita e le sue emozioni attraverso il web, e i
fogli virtuali diventano un luogo lontano in cui
poter sfogare il proprio veleno.
L’autore evoca con malinconia la magia che solo un
passato “ingenuo”, spoglio dell’artificiosità di un
presente assente, riesce a regalare con
naturalezza.
La storia di questo romanzo è un pretesto. Ciò che
conta è il potere dell’emozione, il suo fluire, il
suo divenire anima.
Canzoni-cult ( E ti vengo a cercare, Love affair,
Pelle) accompagnano la vita del protagonista,
sostituendosi alla voce del narratore, che, davanti
al dolore, necessita della musica, culla ovattata in
cui soffocare il proprio pianto.
Criscuolo si cimenta anche con temi delicati, in
particolare la droga, dimostrandoci che la vera
trasgressione, in un’epoca che non è più rock, è la
stabilità.
“Come su un solco di Morrison Hotel” è un libro che
profuma, dall’inizio alla fine, di qualcosa che si è
perso nel tempo.
“Cosa sono in questo momento? Un equilibrista
mascherato da Pierrot, un funambolo del presente.
È proprio così che mi sento:
in bilico,
come su un solco di Morrison Hotel” (p.67).
Mariella Soldo
Le
Parole Che Non Scrivo
Recensione da
Mescalina.it
di Arianna Marsico
Alex e Aidi
sono tornati e cresciuti. Leggendo “Le parole che
non scrivo” è difficile non pensare a “Jack
Frusciante è uscito dal gruppo” di Brizzi. Questo
non significa che ne sia la copia: diciamo piuttosto
che le due opere nascono da un substratum comune,
fatto di musica, di sogni ad occhi aperti, di voglia
di essere autentici. La trama è piuttosto semplice:
Manuel, musicista avido lettore e studente di
lettere, incontra dopo ben sei anni Annalisa, il suo
folle amore taciuto del liceo. E l’incontro non sarà
privo di conseguenze, perché lei, la sua “Marlene”,
la sua “Eleonora Duse”, alla quale aveva scritto
tante lettere mai consegnate, riesce ancora, con i
suoi occhi verdi e le sue “labbra bellissime” a
fargli provare sensazioni travolgenti. I fatti si
svolgono nell’arco di pochi giorni, ma sono
intarsiati di poesie per Marlene (soprannome non
casuale, che richiama sia i Marlene Kuntz che
l’ammaliante Marlene Dietrich) ,di flashback sugli
anni di liceo e sulla musica. Già, la musica. Sembra
essere lei la vera protagonista, più che Manuel
(nome come omaggio al leader degli Afterhours?) ed i
suoi amici sempre arrabbiati contro “tamarri” e
compagnia, o Annalisa con le sue contraddizioni. Il
libro, infatti, col suo linguaggio colloquiale ma
non triviale, è un omaggio a tutto ciò da cui è
stato più o meno consapevolmente accompagnato chi è
nato tra la fine degli anni ‘70 e‘ 80: Nirvana,
Pearl Jam, tutto il grunge, CCCP, Marlene Kuntz e
non solo. Non è un caso che molti dei gruppi citati
nel romanzo cantino testi carichi di disillusione:
se Alex può sperare che Aidi ritorni, Manuel dovrà
riavvicinarsi alla realtà. Significative sono queste
parole: “La rivoluzione è il coraggio di cambiare.
La rivoluzione è interiore. La rivoluzione è
tagliarsi i capelli e farsi la barba.[…]La
rivoluzione è pensare a quanto si era buffi nelle
okkupazioni e nelle autogestioni e a quanto siano
ridicole le danze puerili dei girotondini”. Ma in
fondo, cantava Guccini in “Eskimo”: “A vent'anni (
ma anche meno, ai tempi del liceo NdR) si è stupidi
davvero, quante balle si ha in testa a quell' età”.
Ed essere “rock”, ossia “verità assoluta” (come
scrive Criscuolo) vuol dire anche superare queste
balle. Meglio se con la musica, gli amici, la birra
ed il whiskey.